Florence Biennale

A complete cross-section of international art at the Fortezza da Basso

423 artisti, 62 paesi, 1.332 opere di arte contemporanea esposte, «un kilometro d’arte», come ha sottolineato il Direttore, Dr. Jacopo Celona, per i microfoni di Fermata Spettacolo, «uno spaccato completo dell’arte internazionale con la Fortezza da basso e Firenze che diventano, per dieci giorni (ricordiamo che la Biennale è aperta dal 17 al 25 ottobre, con orario 10-20), la città degli artisti in senso globale, la Polis, come scritto nel tema della nuova edizione», che permette, realmente, al visitatore, di calare in una moltitudine di linguaggi, molti dei quali veramente affascinanti, che si esprimono nella pittura e nella scultura, così come nelle arti minori, dalla ceramica alla gioielleria d’arte, alla fotografia, alle video-installazioni.

Tre gli artisti candidati al Premio Internazionale “Lorenzo il Magnifico” alla carriera: Marta Minujìn (per le arti visive e performative), Giampaolo Talani (per le arti visive) e Mario Carbone (per la fotografia e l’arte cinematografica).

Come ci ricorda il Dr. Celona «Marta Minujìn è la prima artista sudamericana a ricevere questo riconoscimento». A questo importante evento si unisce quello dell’attribuzione del Premio Speciale del Presidente della Florence Biennale a Morenshin Allahyari, artista iraniana, che con i suoi lavori in 3D, titolati Material Speculation: ISIS (work in progress), contribuisce a proporre la ricostruzione storica e, conseguentemente, a restituire memoria di tutte quelle opere del patrimonio culturale di Mosul, recentemente distrutte dalla furia criminale dell’Isis.

Una manifestazione che, in virtù di questi riconoscimenti, vuole continuare ad essere «portavoce del dialogo culturale», in una città come Firenze, Polis ideale passata, presente e futura per gli artisti del Pianeta.

Passeggiando per il Padiglione Spadolini si respira la libertà, la bellezza del non verbalmente detto, dell’espressione artistica pura, originale, unica, permeata di emozioni e sensazione che scaturiscono nell’atto creativo, in quelle combinazioni di stili, materiali, temi che sottolineano il valore della diversità culturale, intesa come ricchezza dell’umanità e, in primis, dell’Arte e della Polis che, a loro volta, la contengono.

L’olandese Wessel Huisan, visual artist, mette al centro delle sue opere la vita, quella vita frenetica della città, dagli interni delle fabbriche agli esterni dei luoghi comuni. Una scomposizione e ricomposizione dei piani ne rende il dinamismo, quella vitalità sottolineata nel titolo Vital Gestures, con contrasto di bianco/nero e una moltitudine di tinte intermedie che dal grigio arrivano all’avorio.

Il blu è il tono dominante del trittico dell’artista americana B’Beth Weldon. Mare e cielo si intersecano coloristicamente, divisi da una Polis nella quale dominano sovrapposizioni di blu scuri e gialli, resi con pennellate ricche di materia, dall’oscurità della Polis escono quei tocchi di luce bianco-giallastri che si riflettono, astrattamente, sulla superficie dell’acqua dell’oceano, Capturing the Essence of the Moment, come affermato nel titolo.

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Partial translation

Blue is the dominant tone of the triptych by the American artist B'Beth Weldon. Sea and sky intersect coloristically, divided by a Polis dominated by overlaps of dark blue and yellow, rendered with brushstrokes rich in material, from the darkness of Polis come out those touches of white-yellowish light that reflect, abstractly, on the surface of the Ocean Water, Capturing the Essence of the Moment, as stated in the title.

Nelle due variopinte tele a tecnica mista, acrilico e olio, dell’artista turco Fikri Cantürk, si riporta in scena, sotto nuova veste contemporanea, il mito di Adamo ed Eva. Titolo delle tele Reference to the Myth of Adam and Eva. Al centro di entrambe la mela; in quella di sinistra ancora intera, poggiata su un foulard pendente da una candida nube, in quella di destra consumata e circondata da un vortice di passione con una prevalenza di colori caldi.

Fantasia surreale e realtà, natura animale e natura vegetale, invenzione e tradizione “bestiari medievali” sono gli ingredienti dell’opera del giovanissimo artista italiano, nato in Toscana a Figline Valdarno, Nilo Australi, l’Animale fantastico. Un animale somigliante ad un pellicano, elaborato con tecnica mista, disegno e acquerello, che sembra, nell’uso dei colori, trasporsi e metamorfizzarsi in albero, con le radici-zampe pinnate immerse nell’acqua. Ala e testa, curate nei minimi dettagli, sembrano dannunzianamente diventare tronco, il busto e, soprattutto, il becco, richiamano alla folta chioma della quale possono contarsi le innumerevoli foglie. Una fantasia “panica” che si fa unica, come la sua originale creazione.

Tra tante pitture ecco emergere una scultrice, l’inglese Louise Giblin, Body Cest Sculptor, membro della Royal British Society of Sculptor. Nel suo bronzo, Olympian IV, il corpo della dea è attraversato dalla bandiera inglese (un originale contributo autobiografico) alla quale si sovrappongono, resi con preziosa cesellatura, quei chiari riferimenti alla classicità greca, all’età dell’oro della Polis di Pericle, dai templi alla Nike, l’alata dea della vittoria. A quest’ultima e al suo volo si lega il dorso della scultura: un corpo intagliato di farfalla, che conferisce leggerezza al capolavoro bronzeo.

Dall’Inghilterra agli USA con Helene Strebel. Il suo astrattismo richiama alla mente Kandisky, sia nelle forme sia nei colori. Interessante la tela titolata Blue Moment, quel blu che pervade l’intera creazione, spezzandosi in linee e cerchi, ora rossi ora bianchi che, come in Louis Giblim, sembrano strizzare l’occhio all’amore per la patria. Quel blu del cielo che può essere osservato da una finestra aperta o immaginato nella lettura di un libro; quel blu che, nel cerchio, ci invita a salire quella scala che sembra condurci ad un leopardiano “Infinito” per poter dolcemente naufragare nel sublime mare della creazione artistica.

Con L’ultima cena del brasiliano Lymaeyro, siamo proiettati in un mondo quasi robotico. Gesù e i dodici apostoli, così come le vivande della tavola imbandita, sembrano essere ricavati da pietre preziose e cristalli multicolori, sapientemente tagliati ed incastonati in una tela, a costituzione di un’opera di vago ricordo e sapore cubista.

La ricerca della luce sta alla base delle opere di Willow Wu, di Nettan Morén e di Federico Antonio Rivera Villamizar. Quella luce da tutti indagata nelle sue innumerevoli rifrazioni, ora riflesse, ora assorbite, ora diffuse.

In Alone, Willow Wu mette al centro di una grandissima tela una variopinta medusa che, dall’abisso, risale verso la superficie, affascinata dal cerchio della luce solare.

Nelle realizzazioni dell’artista svedese Nettan Morén, entrambe acquerelli, la luce è cardine della creazione. In the Evening e Sunset fotografano i freddi colori rarefatti delle lande scandinave, balzano in primo piano quei tocchi di luce, quel bianco in purezza che emerge in tutta la sua potenza, catturando lo sguardo dell’osservatore.

Il colombiano Federico Antonio Rivera Villamizar considera la luce quale elemento divino, che dà forma alla materia; è questo il messaggio che ritroviamo nella tela La luz envuelta en las formas – Venecia, piccoli tocchi di colore che dal blu delle acque della laguna arrivano agli aranci e ai gialli del tramonto che si staglia oltre la Chiesa della Salute osservata dalle Colonne di San Marco.

Del livornese Giampaolo Talani, Premio Internazionale “Lorenzo il Magnifico” per le arti visive, meritano menzione due opere. La scultura bronzea Il Marinaio, riprodotto in una versione di venti metri, rispetto al formato a grandezza persona esposto alla Florence Biennale, quale monumento al navigatore fiorentino Amerigo Vespucci per il porto di Miami, nel 2012, in occasione dell’anniversario, e il dittico Musicisti Jazz che riporta in primo piano la tecnica dell’affresco su tela, quasi un murale. Un ottetto, formazione base di una big band di sapore americaneggiante, che sembra riportarci alle avanguardie primo ‘900esche, un palcoscenico americano degli anni ’20 o, forse, uno italiano degli anni ’50, riattualizzato ad un secolo di distanza.

Passo dopo passo si manifesta allo sguardo del visitatore quel globale kilometro d’arte del Padiglione Spadolini della Fortezza da Basso, che rimarrà percorribile fino a domenica 25 ottobre.


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Amanda Comer